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<font color=red>Intervista/Anteprima</font> Le "ballate" di Sergio Algozzino

Molti di voi lo conosceranno per la serie AniMarvel, strip satirica pubblicata regolarmente su Spider-Man. Ma il giovane autore palermitano Sergio Algozzino cura anche la rivista Mono insieme a Marco Rizzo, ha pubblicato un saggio per Tunué dal titolo di Tutt'a un tratto - Una storia della linea nel fumetto ed è uscito in Francia nel 2007 con Pluie d'été (Pioggia d'estate).

A Lucca, oltre alla pubblicazione italiana di Pioggia d'estate per i tipi di 001 Edizioni - che è un omaggio sentito a quella generazione che aveva la forza di innamorarsi di una manciata di pixel e dei giochi di carta - troverete allo stand BeccoGiallo anche una biografia molto sui generis di Fabrizio De André dal titolo di Ballata per Fabrizio De André, in cui il celebre cantautore sarà raccontato dal punto di vista di quei personaggi che così abilmente ha saputo mettere in scena nelle sue canzoni.
Sergio Algozzino, insomma, è in un ottimo momento creativo: lasciamo che sia lui stesso a presentarci i suoi prossimi lavori.

Una Ballata per Fabrizio De André

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De Andrè è uno dei più importanti cantautori italiani di sempre, uno di quelli che travalica i confini della musica per sconfinare nella poesia. In che modo ti sei approcciato alla sua storia, e come hai scelto di raccontarlo?

Da appassionato. Nel mio piccolo nutro un grande amore per la sua musica, un amore coltivato e cresciuto nel tempo, fin da quando, piccolino e curioso, dopo aver ascoltato le più celebri "Guerra di Piero" e "Canzone di Marinella", scovai qualche altro singolo in alcune raccolte a 33 giri di mio padre. Era dunque per me imperativo cercare di essere il più rispettoso possibile della sua opera. Ho cercato quindi di costruire una storia che fosse modesta, non è un "ecco svelato il vero De André", non amo i sensazionalismi. Spero soltanto, se possibile, di evocare delle belle sensazioni durante la lettura.

Una ballata per Fabrizio De André ha un approccio particolarmente originale, per come sceglie di far parlare i personaggi delle sue canzoni. Questa scelta è dovuta al voler differenziare il tuo lavoro dai tanti altri che riguardano il cantante, oppure era la tua vicinanza ai vissuti di quei personaggi e alle canzoni che li rappresentano che ti ha "imposto" di lasciar loro spazio?

Sapevo fin dal primo momento che non avrei voluto fare una biografia, è un artista su cui è già stato scritto tanto, e volevo dare agli eventuali appassionati qualcosa che non fosse una ripetizione. Inizialmente avevo pensato a una storia diversa, più lineare, più classica, con un casolare di campagna e una Bocca di Rosa anziana che avrebbe raccontato le storie del suo amore perduto ai nipotini. Già lì era presente l'idea di mettere un personaggio delle canzoni di De André come protagonista, e più ci pensavo più mi convincevo che sarebbe stato bello metterne insieme altri, ma non credevo che i ragazzi della Beccogiallo avrebbero approvato.
Invece, fu proprio durante una discussione telefonica che si giunse a quell'idea con entusiasmo, e io ero fregato perché dovevo buttare un soggetto nel cestino e metterne su uno molto più complesso. Ma era quello che preferivo, e non lo feci certo a malincuore. Avevo in testa due opere a fumetti che mi avevano molto emozionato e che erano realizzate seguendo un concetto simile: il numero di Ken Parker con protagonisti i vari eroi del fumetto, oltre che gli stessi Giancarlo Berardi e Ivo Milazzo, e la conclusione di Sandman, con la carrellata di personaggi riuniti per l'occasione.
Trovata la chiave, fu abbastanza semplice definirne la struttura. I dialoghi e la sceneggiatura, invece, hanno avuto una gestazione più tormentata. Cercavo di essere naturale, e alcuni punti non mi soddisfacevano mai, nemmeno adesso, ma credo, almeno, di aver equilibrato gli elementi che volevo.
Purtroppo, come tutte le storie, riscriverei e aggiungerei parecchi elementi, ma posso comunque sentirmi abbastanza soddisfatto.

Il modo in cui hai scelto di realizzare le tavole è particolare, con questa opprimente cornice nera che sembra spingere le vignette fuori dalla tavola, unita a un tratto curvilineo e onirico. Da cosa deriva questa scelta?

È un fumetto diviso in quattro atti, come una piccola messa in scena teatrale. È la prima volta che ritrovo a sfruttare alcuni concetti imparati durante i miei anni in Accademia, proprio in scenografia, anche se qui di scenografie non è che ce ne siano. In ogni caso tengo a precisare che anche questa è stata una scelta naturale, non mi sono messo lì a pensare di volere fare il figo confrontandomi col teatro, semplicemente, scrivendo e pensando alla struttura, mi è venuta di farla così, aveva più senso.
La cornice in quest'ottica ha scandito i tempi, ogni atto ha una cornice diversa. Il primo è quello più oscuro, dove tutti, noi e gli stessi personaggi, dobbiamo ancora capire cosa sta succedendo. Sempre tornando al teatro, l'altro riferimento può essere stato un certo tipo di opere pirandelliane, "Sei personaggi in cerca d'autore" su tutti, e anche un certo Federico Fellini. Però, sia chiaro, non mi metto minimamente al confronto con geni del genere, le mie sono solo suggestioni e ispirazioni, c'è così tanto da imparare da loro e da mille altri…
Il disegno invece ha una storia strana, perché questa tecnica è nata quasi per scherzo, con Guillaume Bianco, sulle pagine del Lanfeust Mag della Soleil, dove ogni mese pubblico le strip e le tavole di Epictete. Guillaume scrisse quasi un anno fa questa strip in cui Epictete era disegnato male perché si supponeva che io mi fossi rotto il polso, mi inventai così, con grossi debiti verso Sfar, questa linea tremolante e un po' incerta.
Col passare del tempo diventò sempre più mia, trovandomici a mio agio come mai mi ero sentito su un disegno, e sviluppandola in altre situazioni con proporzioni diverse, più realistiche.
Il primo esperimento di questo tipo fu sempre per Beccogiallo, nel volume antologico Zero Tolleranza, dove da una tavola all'altra capivo un mucchio di cose.
Figuriamoci per Ballata per De André! Ho disegnato 54 tavole in due mesi, anche meno, e arrivato alla fine sono dovuto tornare su alcune tavole dell'inizio, perché man mano che procedevo aumentava esponenzialmente la mia sintonia con questa linea.

Cos'ha significato per te De André?

La musica è il mio più grande amore dopo il fumetto, e, come per il fumetto, ne sono un divoratore assolutamente onnivoro. Ascolto e amo, seriamente, molti artisti e gruppi. Alcuni riescono anche a fare dei passi in più rispetto agli altri, e De André è sicuramente fra questi. La mia passione nei suoi confronti mi ha portato negli anni a fare delle bellissime discussioni al proposito, e a conoscere gente emozionante come Mauro Pagani, uno dei più grandi musicisti della nostra storia che, fra le altre cose, è stato compagno d'avventura di Fabrizio nei miei due album preferiti: "Creuza de Ma" e "Le Nuvole". Mauro è una persona eccezionale e, anche se non ho mai potuto conoscere De André dal vivo, mi è sembrato più di una volta, durante alcuni suoi concerti, di immaginare Fabrizio al suo fianco. Quando ha cantato "La domenica delle salme" mi sono venuti i brividi.
Fare questo fumetto non ha implicato per me molto lavoro di documentazione, conoscevo molto bene le canzoni e avevo letto parecchio anche sulla vita di De André.
Mi ha aiutato molto un'amica, Francesca Di Raffaele, grande amante della musica di De André, che è stata, durante la lavorazione, letteralmente la mia cavia e la mia consulente, suggerendomi spesso questo o quel testo.
In ogni caso, per scrivere e disegnare mi sono buttato in una maratona continua e ripetuta di tutta la discografia, ascoltando le canzoni con un orecchio diverso.
E adesso, quando le riascolto, le percepisco in un altro modo ancora. È la magia della musica, e di autori come De André, che hanno dato qualcosa di inestimabile alla nostra cultura e alla nostra stessa vita.


Pioggia d’Estate

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Gli anni tratteggiati in Pioggia d'Estate sembrano appartenere al passato remoto. Erano anni in cui la realtà non correva il rischio di confondersi con il videogioco perché il videogioco era solo un insieme di pixel, anni in cui esistevano le "compagnie" e ci si meravigliava davvero per poco. Cos'ha significato per te raccontare un'intera generazione?

Pioggia è un albo in cui mi sono auto-proclamato "il cronista delle stronzate della mia generazione". Ci sono avvenimenti di quegli anni ben più importanti di quelli racconto in questo viaggio nel tempo, dei Transformers fatti con la carta, dell'arrivo in casa mia del Commodore 64, delle arancine, del mio liceo, della vendita di casa di mia nonna, degli Exogini, dei Cavalieri del Re… ma la scopo di Pioggia è proprio questo: riappropriarsi dei piccoli ricordi, anche futili, quelli che non metteresti mai su una biografia ufficiale ma che continui a richiamare quando sei con un vecchio amico.
Come la pioggia d'estate, che è meno importante di un acquazzone invernale, meno travolgente, dura spesso solo qualche minuto, ma, senza che te ne rendi conto, ti avrà lasciato una bella sensazione addosso.
È un concetto forse visto troppo dal siciliano che sono, dove durante l'estate c'è davvero caldo e praticamente non piove mai, ma è dai tempi della scuola media che scrivo temi su quest'argomento, qualcosa per me dovrà pur significare…

Pioggia d'Estate sembra uno di quei classici "progetti nel cassetto", tenuti in stand by in attesa della tanto agognata pubblicazione. È stato davvero così o è solo un'impressione?

Incredibile ma vero, è stato il progetto giusto al momento giusto. Attraversavo un momento di crisi creativa, era già qualche anno che lavoravo in questo settore, ma sentivo di non avere fatto nulla che mi rappresentasse. Ed era anche un periodo molto difficile a livello personale, ero molto insoddisfatto e, se si può dire, depresso. Pioggia è stato il mio modo di fare psicanalisi, di mettere giù le mie ansie contro il tempo e di sbattere la faccia su alcune cose che non avevo mai detto prima, del mia carattere e della mia vita. È un libro che ho costruito, più che a episodi o tavole, a vignette. Ogni vignetta per me ha un peso specifico. Provate a chiedermi il mio episodio o la mia tavola preferita, e io ci penserò un po'. Mentre invece di vignette ne ho a pacchi.
Trovata l'idea, ovvero raccogliere storie con temi idioti che avevo però voglia di raccontare, non passò neanche un mese quando ne parlai con gli Umanoidi, che l'approvarono a scatola chiusa, senza avere disegnato una pagina. Il bello è che stavo parlando con loro per propormi come disegnatore realistico, eh…

Pioggia d'Estate è stato più "pensato" o scritto di getto?

È stato molto pensato. O meglio, avevo questa lista di argomenti, volta per volta decidevo di farne uno e stavo qualche giorno a riflettere su come avrei dovuto impostarlo. Trovata l'idea, scriverlo e disegnarlo poi era una passeggiata, ma era l'approccio quello che mi interessava, quello su cui ragionavo di più. È un libro in cui ho scritto tantissimo, pure troppo, ci sono alcune tavole strabordanti di testo e didascalie, ma non toglierei una virgola.

Da cosa deriva la scelta di utilizzare uno stile caricaturale per dipingere te stesso e la tua generazione?

Come per Ballata per De André, anche questo stile è nato per caso, e io mi fido molto di quello che viene fuori per istinto. Purtroppo queste caratterizzazioni sono automaticamente accoppiate a un'idea di prodotto che fa ridere, e io non credo di fare ridere, forse solo in un paio di episodi, negli altri si sorride molto, ci si sorprende insieme, e, a volte, si riflette, almeno io l'ho fatto molto spesso.

Pioggia d'Estate è stato già pubblicato in Francia lo scorso anno, per Les Humanoides Associés. L'edizione italiana conterrà qualcosa di inedito?

Ho potuto curare l'edizione italiana come non avevo fatto per quella francese, che era bellissima, grande, con carta stupenda e stampata egregiamente, ma qui, per dare ancora più senso all'operazione, ho fatto proprio come nei vecchi fumetti che mostro anche all'interno del volume: ho scritto un'introduzione, ho aggiunto un backstage con alcuni storyboard, matite e fesserie varie, ma soprattutto ho scritto ulteriormente, e ho disegnato due nuovi episodi, o meglio, uno l'ho recuperato adattando alcune vignette della mia prima 24 ore, che si sposavano perfettamente col concetto del libro, l'altro l'ho fatto ad hoc, anche quello era necessario, anche se ammetto di avere da parte una bella lista di altri argomenti entusiasmanti come merendine, gelati, doppiatori… Insomma, semmai Pioggia dovesse un po' piacere io sarei pure pronto a farne un seguito!



Luca Baboni
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